dal Corriere della Sera
Fra i tanti casi complessi di cui si trova a occuparsi, affrontando disturbi caratteriali di animali domestici tanto spesso condizionati da dinamiche umane, il noto veterinario comportamentalista Raimondo Colangeli (anche consigliere della Società italiana scienze comportamentali applicate) riceve un giorno la telefonata di un collega. Luca ha un ambulatorio a Roma Nord assieme al padre, ma è dentro un canile che l’ anno scorso ha trovato in condizioni pietose, curato, quindi adottato, la pit bull Sentinella. Sette anni, abbandonata come milioni di altri cani, si è ben adattata a vivere con la famiglia del neoproprietario. Solo di notte, visto che in casa circola un gatto e i due non sono amici di lunga data, viene rinchiusa in un recinto nel giardino. Sentinella è buonissima, ma non vuole perdere di vista i padroni perché soffre la solitudine. Così, cercando di inseguirli quando si recano al lavoro, sovente scappa all’ interno del comprensorio, o addirittura ne esce. Viene sempre ritrovata, compita e discreta, alla ricerca di compagnia. Accomodata sulla panchina di un parcheggio, intenta a osservare operai che, tesi, verniciano una staccionata, seduta presso una coppia in conversazione che le lancia occhiate sgomente, cercando di leggere il numero di telefono inciso a grandi caratteri sul collare. Tuttavia, fughe a parte, mai un comportamento fuori posto. Quando Luca la ritrova, monta in auto felice. Oltre a una serie di accorgimenti, Colangeli invita il collega a raccogliere una simile richiesta di socializzazione, e gli consiglia di portare Sentinella con sé in ambulatorio. Lì, con tanto viavai, la pit potrà conquistare una vera educazione sociale, senza che nessuno la tema più.