Reazioni avverse al cibo (RAC) e dieta ipoallergica
Reazioni avverse al cibo (RAC): allergia alimentare, intolleranza alimentare.
Le reazioni avverse al cibo sono delle risposte clinicamente anomale all’ingestione di un alimento o di un suo additivo. I sintomi clinici sono essenzialmente cutanei ed occasionalmente gastrointestinali (vomito, diarrea, flatulenza, feci poltacee ed abbondanti). I sintomi dermatologici sono certamente predominanti e caratterizzati soprattutto dall’insorgenza di un prurito non stagionale, diffuso o localizzato. Il quadro clinico tende, in genere, a complicarsi per lo sviluppo di lesioni secondarie che derivano dall’autotraumatismo o dall’insorgenza di infiammazioni croniche e infezioni cutanee. La gravità del prurito si riflette nel rapido insorgere, nelle aree ripetutamente traumatizzate, di perdita di pelo, colore scuro e ispessimento della cute, eccessiva produzione di scaglie. Il prurito può essere diffuso o limitato ad alcune regioni del corpo ed in particolar modo al muso, alle zampe, alla regione caudale, ai fianchi, all’addome. In alcuni casi è possibile avere un prurito limitato esclusivamente ai padiglioni auricolari con possibile interessamento del condotto uditivo esterno e sviluppo di otiti ricorrenti o croniche. Le lesioni cutanee primarie più frequenti sono rappresentate da eritema e papule, la comparsa di pustole è, in genere, associata alla concomitante presenza di una piodermite superficiale (infezione batterica cutanea). Sono comuni, soprattutto nelle razze di cani a pelo lungo, gli episodi ricorrenti di dermatite acuta umida (“hot spots”), mentre i fenomeni di orticaria hanno, in generale, un più raro riscontro. Nel gatto le reazioni avverse al cibo si possono manifestare con quadri clinici di alopecia autoindotta bilaterale e simmetrica (perdita di pelo estesa su vaste aree del corpo e localizzata prevalentemente sul dorso, addome e cosce), dermatiti ulcerative della testa e del collo conseguenza dell’autotraumatismo, dermatiti papulo-crostose (miliari) e placche eosinofiliche. Questi segni clinici sono però comuni anche a numerose altre patologie cutanee pruriginose di svariata eziologia, con cui peraltro le reazioni avverse al cibo possono coesistere. Le principali diagnosi differenziali per le reazioni avverse al cibo nel cane sono rappresentate da: Atopia, Ipersensibilità alla saliva di pulce, Allergia da contatto, Rogna sarcoptica, Pediculosi, Piodermite superficiale, Seborrea idiopatica primaria ecc. Nel gatto vanno considerate: Atopia, Ipersensibilità alla saliva di pulce, Alopecia psicogena, Dermatofitosi, Rogna otodettica, Cheyletiellosi, Rogna notoedrica, Pediculosi ecc.
Quali allergeni sono responsabili delle reazioni avverse al cibo?
Le componenti del cibo che provocano allergia sono quasi esclusivamente proteine. Ogni proteina animale o vegetale presente nel cibo è potenzialmente un allergene in quanto è riconosciuto come una sostanza estranea dal sistema immunitario dell’ospite. La quantità di allergene necessaria a provocare una risposta in animali sensibili può essere anche molto piccola. Di solito l’animale sviluppa reazioni avverse al cibo che è solito mangiare anche se si tratta della dieta con cui viene da sempre alimentato. Per cui, dal momento in cui viene espresso lo stato allergico o l’intolleranza alimentare, uno o più ingredienti contenuti nella sua dieta non saranno più tollerati e si renderanno responsabili dello sviluppo dei segni clinici. Questi possono insorgere anche nel giro di pochi minuti dall’ingestione dell’antigene, ma più spesso si manifestano nelle prime 24 ore e comunque entro 10-14 giorni.
Diagnosi dell’allergia/intolleranza alimentare
Quando si sospetta una reazione avversa al cibo la diagnosi si deve sempre basare sull’anamnesi, la sintomatologia e soprattutto sui risultati di un test dietetico di eliminazione (dieta privativa). Tutti gli altri esami, compresi i test sierologici si sono rivelati, al momento, poco affidabili.
La dieta privativa
Il metodo di elezione per la diagnosi di ogni reazione avversa al cibo è rappresentato dalla esecuzione di una dieta privativa (dieta di eliminazione). Questa indagine non differenzia fra i differenti meccanismi delle reazioni avverse al cibo, ma può stabilire una relazione tra la somministrazione di determinati ingredienti e la comparsa di alcuni segni clinici. Il principio su cui si basa una dieta privativa è che l’animale non dovrebbe avere reazioni avverse nei riguardi di un cibo che non gli è mai stato somministrato. Limitando dunque, per un determinato periodo di tempo, in maniera rigorosa, l’alimentazione dell’animale ad una sola fonte di carboidrati e una di proteine mai utilizzate prima, i sintomi clinici scompaiono per ritornare con la reintroduzione degli alimenti precedentemente somministrati. Contemporaneamente all’esecuzione della dieta privativa devono essere trattate, se presenti, tutte le complicazioni secondarie in modo da permettere una valutazione clinica indipendente dalle variazioni indotte dalla nuova dieta. Bisognerà quindi mettere sotto controllo le parassitosi esterne ed interne e trattare la presenza di eventuali infezioni cutanee batteriche e/o da lieviti (Malassezia spp) o di dermatiti esfoliative. La collaborazione del proprietario è fondamentale per la buona riuscita del test dietetico. Bisogna infatti capire che qualsiasi cosa mangiata dall’animale è sospetta e deve assolutamente essere evitata. Una sola trasgressione nei confronti della dieta prescritta può invalidare il test e la durata del tempo di somministrazione della dieta privativa andrà ricalcolato dall’inizio. Un attenzione particolare va riservata a quei prodotti animali come paste dentifricie, farmaci e integratori che contengono proteine animali per aumentarne l’appetibilità, giocattoli commestibili a base di pelle di bufalo, stuzzichini ecc. che erroneamente non vengono considerati alimenti e potrebbero quindi continuare ad essere somministrati. Se sono presenti altri animali insieme al soggetto allergico da testare, questi devono essere nutriti in momenti o in ambienti diversi oppure a tutti va somministrata la dieta ipoallergica. I gatti che hanno accesso all’esterno devono essere tenuti in casa per tutto il periodo di durata del test. I cani abituati a raccogliere cibo da terra devono essere portati in passeggiata con la museruola.
Quale dieta privativa: casalinga o commerciale? Scelta degli ingredienti.
Dieta privativa casalinga
La dieta privativa di prima scelta è quella preparata in casa dal proprietario e costituita da una sola fonte di proteine e una di carboidrati che l’animale non aveva mai assunto in precedenza. La scelta del cibo viene fatta sulla base delle informazioni fornite dal proprietario assicurandosi di evitare tutti i cibi assunti in precedenza dall’animale. Per il gatto, si sceglie, in genere, una sola fonte proteica in quanto questi animali solitamente non sono disposti a mangiare i carboidrati. Il cibo può essere bollito, cotto al microonde o alla griglia. Spesso si ricorre a fonti proteiche insolite quali la carne di cavallo, anatra, maiale, coniglio ecc. Fra i carboidrati è possibile utilizzare patate, fagiolini, lenticchie, piselli ecc. a condizione che l’animale non li abbia mai mangiati. Il rapporto tra proteine e carboidrati è normalmente di 1:2 (nel gatto 1:1 e nel cane anche 1:3) ma la quantità di cibo necessaria deve tenere conto dello stile di vita dell’animale e della sua condizione metabolica. In generale è indicato nel cane un apporto di carne pari a 10gr/kg e nel gatto di 20 gr/kg al giorno a cui va aggiunta la quota corrispondente di carboidrati. Il vantaggio maggiore della dieta casalinga consiste nella possibilità di avere un controllo più accurato del cibo somministrato che risulta anche privo di coloranti e conservanti. Gli svantaggi sono rappresentati dal fatto che questo tipo di dieta risulta un po’ sbilanciata e non adatta ai cuccioli in accrescimento, mentre se somministrata ad animali adulti per soli tre mesi non ha nessuna controindicazione. Queste diete casalinghe trattengono molta acqua soprattutto se si utilizzano le patate e questo può portare ad una minore assunzione di acqua da parte dell’animale e/o ad una aumentata produzione di urina. Per gli animali che tendono a dimagrire è sufficiente aumentare le quantità di cibo somministrato.
Dieta privativa commerciale
La seconda scelta è rappresentata dall’uso di prodotti commerciali ipoallergenici. Il vantaggio dell’alimentazione commerciale è quello di fornire prodotti ben bilanciati, di facile reperibilità e pratici da somministrare. Fra questi distinguiamo le diete ipoallergiche a base di singole fonti di proteine e carboidrati e gli idrolisati proteici. In commercio sono presenti diversi prodotti alimentari definiti “ipoallergenici” non tutti, però, possono essere utilizzati per l’esecuzione di una dieta ipoallergica diagnostica. Molti di essi, infatti, pur essendo prodotti molto digeribili e ben bilanciati sono costituiti da una ampia mescolanza di alimenti o sono etichettati senza specificare l’esatta composizione degli ingredienti presenti (es: cereali, grassi animali). Una vera dieta ipoallergica commerciale è costituita di soli due, massimo tre ingredienti scelti e possibilmente è stata sottoposta ad un processo di lavorazione in cui non siano stati usati coloranti e conservanti. La scelta di un prodotto piuttosto che un altro, sarà condizionato dalla storia alimentare del paziente e si baserà sempre sull’uso di alimenti mai utilizzati in precedenza dall’animale. Gli idrolisati proteici sono degli alimenti che vengono preparati attraverso un processo di degradazione più o meno intenso delle molecole proteiche che vengono così scisse in peptidi più piccoli o in singole proteine. A questo scopo vengono utilizzati degli enzimi che prendono il nome di proteasi. Il grado di idrolisi che può essere raggiunto dipende dal tipo di proteasi che viene utilizzata, ma, di solito, per ottenere un alto grado di idrolisi vengono utilizzate delle miscele di enzimi proteolitici in grado di svolgere un’azione complementare. L’idrolisi proteica aumenta la digeribilità degli alimenti e riduce il potenziale allergizzante delle proteine. Un eccessivo grado di idrolisi può però alterare negativamente alcune caratteristiche dell’alimento introducendo uno sgradevole sapore amaro ed abbassando il grado di emulsificazione del prodotto e quindi anche la sua stabilità. Gli idrolisati proteici possono quindi avere caratteristiche diverse a seconda del processo di lavorazione con cui vengono prodotti. L’efficacia di un idrolisato proteico potrebbe, però, essere ridotta dalla possibile presenza di piccole frazioni di proteine intatte ancora in grado di provocare una risposta antigenica o dalla necessità di aggiungere altri ingredienti per ottenere un alimento completo, bilanciato ed appetibile. L’uso degli idrolisati proteici trova la sua applicazione su tutte quelle forme di reazione avversa al cibo che hanno una base immunitaria (allergia alimentare), non è stato ancora stabilito in che misura possono essere utili nelle forme di intolleranza alimentare.
Gestione clinica della dieta privativa
In ogni caso, sia che si tratti di dieta ipoallergica casalinga o commerciale, si consiglia di effettuare il cambio di alimentazione per gradi, nell’arco di qualche giorno, per evitare lo sviluppo di disturbi intestinali (vomito, diarrea, flatulenza) e per abituare l’animale (soprattutto i gatti) ai nuovi sapori. In alcuni casi di reazione avversa al cibo un significativo miglioramento dei segni clinici è possibile anche in 3-4 settimane di dieta privativa, ma può essere necessario proseguire la dieta per 6-10 settimane prima di ottenere risultati apprezzabili. E’ utile ricontrollare ogni 3-4 settimane l’animale per valutare il grado di prurito ancora presente e trattare l’eventuale presenza di complicazioni secondarie come la piodermite superficiale, la dermatite da malassezia o le dermatiti seborroiche. Se non si sono manifestati miglioramenti clinici dopo 10-12 settimane di dieta privativa, allora è possibile escludere l’ipotesi di una reazione avversa al cibo. Una mancata risposta può, però, verificarsi per una non corretta esecuzione della dieta da parte del proprietario o per la presenza concomitante di cause diverse di prurito (atopia, infezioni secondarie, ectoparassitosi ecc). Se invece si nota un parziale, ma significativo miglioramento (almeno il 50%) allora si prosegue ancora con la dieta privativa per altre 2-4 settimane per confermare o escludere definitivamente la diagnosi di reazione avversa al cibo. Anche in questo caso, una parziale risposta può verificarsi per la presenza di altre malattie pruriginose coesistenti. La completa risoluzione dei sintomi, al contrario, suggerisce la presenza di una reazione avversa al cibo, ma la conferma diagnostica richiede sempre l’esecuzione di una dieta di provocazione in cui siano presenti i cibi precedentemente somministrati all’animale. Viene dunque riproposta, nell’arco di qualche giorno, la dieta precedente e la somministrazione dell’alimento responsabile del problema indurrà, in caso di reazione avversa al cibo, una ricomparsa dei sintomi clinici entro pochi giorni dalla sua reindroduzione, mentre il ritorno alla dieta privativa un nuovo miglioramento della sintomatologia. Per poter identificare l’antigene o gli antigeni alimentari coinvolti è necessario testare ogni singolo ingrediente, singolarmente e per un periodo di almeno 10-14 giorni. Alla fine di questo trial diagnostico sarà possibile stilare una lista di alimenti tollerati dall’animale e formulare una dieta personalizzata di mantenimento per il lungo periodo facendo ben attenzione ad evitare quegli ingredienti che si erano rivelati causa del problema. Molto spesso è possibile mantenere in remissione un animale utilizzando diete ipoallergiche commerciali selezionate sulla base dei risultati del test di provocazione. In alcuni casi, al contrario, sono tollerate soltanto le diete casalinghe che devono allora essere integrate con supplementi vitaminici, minerali ed acidi grassi per essere adeguatamente bilanciate. Un ultimo punto da considerare è la possibilità che alcuni animali possano sviluppare una reazione avversa alle fonti proteiche della dieta scelta per il mantenimento. In quest’ultimo caso è necessario risottoporre a test dietetico l’animale con nuove fonti proteiche alternative.